Parlarne con i professionisti sanitari
Consultarsi con il team medico, a volte può essere scoraggiante e può capitare di sentirsi sopraffatti. Per questo, abbiamo creato una breve guida per affrontare al meglio la discussione.
Una delle conseguenze più spiacevoli dell’emofilia è il dolore, da cui i pazienti sono colpiti fin da bambini: se non trattato adeguatamente esso può cronicizzare e durare anche per tutta la vita. Per questo è importantissimo informare il proprio medico nel caso in cui si provi del dolore: non bisogna, infatti, arrendersi all’idea che soffrire sia normale.
Nonostante questa indicazione, invece, non è infrequente che la persona con emofilia non riferisca al proprio medico (o team di medici) di soffrire fisicamente, in quanto lo si ritiene normale, soprattutto nel caso di una condizione cronicizzata.
Tuttavia, riferire ogni sintomo, dolore compreso, è fondamentale per la gestione della propria condizione. Il medico a cui ci si affida deve sempre essere a conoscenza di ogni mutamento ed evento che riguarda la patologia: in questo modo potrà avere un quadro davvero completo per fare valutazioni sul decorso della malattia, prendere decisioni e anche gestire nel modo migliore le eventuali emergenze.
Per facilitare l’identificazione di una situazione di sofferenza anomala è utile domandarsi sempre cosa, a livello quotidiano, si vorrebbe fare ma si è limitati da un dolore fisico: semplici domande come questa possono essere di grande aiuto nel superare la barriera dell’abitudine a soffrire. Un altro ruolo fondamentale, nella comunicazione con il medico, è giocato dal caregiver della persona con emofilia: è importante prestare attenzione a questo aspetto se si sta accanto a un paziente con questa patologia.
Comprendere il dolore e la sua complessità permette al team sanitario di gestirlo e, di conseguenza, al paziente di migliorare la propria qualità di vita.
Il dolore nel paziente con emofilia può essere acuto e dipendere dall’emartro, o cronico ed essere causato da complicanze artropatiche associate a sanguinamenti frequenti a livello delle articolazioni artropatiche.
Nella valutazione del dolore, per prima cosa, è necessario
escludere che esso sia associato a sanguinamento. Il passo
successivo è quello di identificare il meccanismo predominante che
innesca tale dolore, per comprenderne la natura. Nei pazienti
emofilici, nella maggior parte dei casi, il dolore è di tipo
nocicettivo, ovvero legato a un danno tissutale, ma può essere
anche neuropatico, cioè dovuto a un danno ai tessuti
periferici, oppure connesso a un’alterazione della capacità di
elaborazione centrale dello stimolo doloroso.
L'identificazione della sua causa si avvale di diverse tecniche e
la comprensione delle sue caratteristiche, della
localizzazione e dell'intensità è essenziale per un
approccio terapeutico più mirato.
La gestione farmacologica del dolore in un paziente con emofilia richiede un’attenta valutazione medica, perché è necessario utilizzare medicinali e individuare dosaggi che non implichino un maggiore rischio emorragico (caso che potrebbe verificarsi, ad esempio, con l’utilizzo dei comuni antinfiammatori). Anche a causa di questa oggettiva complicanza, la terapia per il dolore nell’emofilia può non essere sufficientemente e immediatamente efficace, causando insoddisfazione e frustrazione nel paziente. Questo aspetto va sempre segnalato; ad oggi, infatti, esistono diverse terapie che hanno dimostrato di saper trattare i diversi tipi di dolore e le loro cause: è quindi possibile trovare l’approccio migliore per la propria situazione clinica.
In particolare, hanno portato buoni risultati la somministrazione di farmaci ematologici e analgesici, le iniezioni intrarticolari e l’esercizio fisico. Altrettanto utili sono le cosiddette strategie multimodali, che includono azioni come cambiamenti nello stile di vita, attività fisiche, supporto psicologico e chirurgia ortopedica.
La prima cosa da fare sempre è rivolgersi al medico specialista
che saprà consigliare il percorso terapeutico migliore per ciascun caso.