Parlarne con i professionisti sanitari
Consultarsi con il team medico, a volte può essere scoraggiante e può capitare di sentirsi sopraffatti. Per questo, abbiamo creato una breve guida per affrontare al meglio la discussione.
Una patologia come l’emofilia deve essere gestita tenendo conto non solo del benessere fisico, ma anche mentale e psicologico. Il suo impatto sulla vita del paziente e dei suoi caregiver può essere, infatti, molto forte: nel percorso di apprendimento di gestione della malattia rientra anche la comprensione della dimensione psicologica di cui bisogna imparare a prendersi cura.
Il paziente, infatti, soprattutto se adolescente, si scontrerà con la propria condizione, alle volte negandola e rifiutando le cure, altre volte sentendosi paralizzato e perdendo fiducia nella possibilità di poter vivere un’esistenza piena.
Il supporto che si può dare alla persona con emofilia non è solo pratico e operativo, è anche psicologico ed emotivo.
Dall’altro lato vi sono anche le difficoltà dei caregiver, sottoposti spesso a notevole pressione. Soprattutto quando si è genitori di un bambino e poi adolescente con emofilia, il compito può diventare complesso e oneroso in termini psicologici e di gestione delle attività quotidiane in cui sono coinvolti ognuno secondo le proprie attitudini e desiderata, con un carico psicologico non indifferente.
Oltre al fatto di trovarsi ad affrontare possibili situazioni di emergenza, e capire come supportare emotivamente il paziente uscendone emotivamente indenni, oltre a imparare ad affrontare delle possibili emergenze, bisogna anche capire come supportare emotivamente il paziente e se stessi.
In particolare, un ruolo molto delicato è spesso rivestito dalla madre del bambino con emofilia. Non di rado, infatti, la mamma di un paziente emofilico deve lottare con il senso di colpa per avergli trasmesso la malattia. Naturalmente, non si tratta di una colpa reale, ma è abbastanza comune e difficile da sradicare. Anche la donna che si trova in queste condizioni psicologiche necessita di supporto emotivo: importante è la vicinanza della famiglia e, se possibile, del compagno. Il primo passo per arginare questo sentimento deve essere fatto durante la gravidanza: come raccontato in questo articolo, se c’è una familiarità con la patologia, è importante fare test prenatali e neonatali, utili sia per organizzarsi operativamente a gestire un’eventuale diagnosi, sia per prepararsi psicologicamente.
Essere genitori è complesso; essere genitori di un bambino con emofilia comporta delle difficoltà aggiuntive. Oltre agli aspetti legati alla routine quotidiana di gestione della patologia e della possibile emergenza, il genitore del bambino o adolescente con emofilia deve fare i conti con il timore che si verifichi un’emorragia. Questa paura deve, però, essere controllata e bilanciata, sia per il benessere psicologico del genitore, ma anche per quello del figlio.
La tentazione di cercare di controllare quanto più possibile il proprio figlio per evitare situazioni pericolose è comprensibile e sempre dietro l’angolo: bisogna, però, fare uno sforzo per imparare a considerarlo anche e soprattutto come una persona con bisogni, aspirazioni e desideri personali, prima ancora che a una persona affetta da una malattia cronica. Una persona emofilica ha anche l’emofilia ma non è solo la sua malattia.
Il genitore con figlio con emofilia deve imparare a considerare l’individuo e i suoi bisogni oltre che il paziente.
Particolarmente delicato è il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, perché cambia anche l’approccio terapeutico. Il modello pediatrico, infatti, mette al centro la famiglia, focalizzandosi sulla crescita e sullo sviluppo, ma trascurando spesso di riconoscere il bambino emofilico come individuo che sta acquisendo una crescente indipendenza e autonomia. Nell’approccio terapeutico indirizzato agli adulti, invece, si parla al paziente come a un interlocutore autonomo e indipendente nella gestione della malattia.
Per superare passaggi della vita così delicati (come l’infanzia e l’adolescenza) i genitori dovrebbero impostare da subito un comunicazione positiva con il proprio figlio adolescente, che coinvolga tutti i sistemi che hanno un ruolo fondamentale sulla sua crescita ed educazione, come ad esempio la scuola, e attraverso cui, venga risaltata la dimensione soggettiva, ossia la complessità dell'individuo come persona con anche la malattia, e il sottile equilibrio tra rete di protezione (fondamentale) e libertà di espressione del ragazzo.